11 ) L’inverso della Costante di Struttura Fine come numero intero 137.

L’inverso della Costante di Struttura Fine
come numero intero 137.


Rutherford fu il primo a pensare a un modello planetario dell’atomo d’idrogeno, come composto da Protone ed Elettrone: il protone come il Sole attorno a cui orbitava l’elettrone come un pianeta. La forza gravitazionale legava il pianeta al Sole, permettendogli di circolare su un’orbita stazionaria mentre la forza centrifuga gli impediva di cadervi sopra.

Similmente l’elettrone attratto dalla forza elettrica del protone non vi cadeva per effetto della forza centrifuga opposta alla forza attirante, circolando di conseguenza su un’orbita stabile al cui centro si trovava il protone.

Per mantenere la forza centrifuga necessaria l’elettrone doveva avere una ben precisa velocità di rivoluzione attorno al protone. Per giustificare la stabilità dell’atomo, il suo valore non poteva essere minore di quella ben precisa velocità. Perché nel caso di una velocità minore l’elettrone sarebbe stato attratto dalla carica positiva del nucleo, mentre sarebbe uscito dall’orbita per la tangente se la sua velocità di rivoluzione avesse superato quella di equilibrio.

Ben presto fu chiaro che la teoria classica dell’elettromagnetismo era incompatibile con lo stato di stazionarietà dell’orbita dell’elettrone in quanto carica elettrica.

Per l’elettrodinamica classica infatti, l’elettrone orbitante, essendo sottoposto ad accelerazione radiale dal suo moto sull’orbita, avrebbe dovuto emettere radiazione elettromagnetica. Perdere quindi energia cinetica durante il suo moto circolare attorno al protone, per poi perdere progressivamente velocità, finendo col cadere sul protone a causa del prevalere dell’attrazione elettrostatica sulla forza centrifuga.

Per ovviare a questo inconveniente Bohr propose di utilizzare l’idea della quantizzazione dell’energia di Planck. Egli postulò l’esistenza di stati quantici discreti dell’energia dell’elettrone, che gli avrebbero permesso di circolare in orbite stabili senza emettere radiazione né perdere energia.

L’accettazione di questi stati stazionari, che in un primo tempo si erano appoggiati alla Meccanica delle Matrici di Heisenberg, non ebbe una buona accoglienza nel mondo scientifico.

L’interpretazione fisica delle Matrici era oscura, e veniva considerata piuttosto ostica, per ragioni fisiche e matematiche, dalla maggioranza dei fisici del tempo.

La condizione di stazionarietà dei livelli energetici fu meglio giustificata dalle considerazioni ondulatorie di de Broglie e dalle celebri “equazioni d’onda” di Schrödinger.

L’ipotesi ondulatoria di de Broglie, che ammetteva una natura e una descrizione ondulatoria per l’elettrone in moto, appariva più accettabile perché più matematicamente familiare ai fisici. E sopratutto presentava un quadro ondulatorio per l’interpretazione fisica dell’atomo, più immediatamente visualizzabile come modello, e più soddisfacente dal punto di vista intuitivo.

Ma la natura ambigua dell’interpretazione della formula di Schrödinger era già nota ai suoi contemporanei.

Artur S. Eddington nel 1928 diceva:

La teoria di Schrödinger gode ora la completa popolarità, in parte per il suo merito intrinseco, ma in parte anche, a parer mio, perché è la sola delle teorie (esistenti al momento) che sia abbastanza semplice da poter essere fraintesa.

Eddington aveva pienamente compreso l’ambiguità ed il pericolo incombente nelle intenzioni della Scuola di Copenaghen.
Infatti fu proprio sull’interpretazione fisica delle formule ondulatorie di Schrödinger che formalizzavano la descrizione ondulatoria di 
de Broglie, che si giocò la battaglia decisiva.

L’interpretazione della materia a livello elementare oscillava sull’equivocità delle possibilità d’interpretazione delle formule di Schrödinger.

Nella lotta che seguì alla presentazione della Meccanica Ondulatoria le equazioni di Schrödinger furono interpretate come funzioni di “probabilità” invece che come funzioni d’onda reali. E la Meccanica Quantistica, lasciando dietro di sé il problema insoluto della costante di struttura fine, iniziò la serie delle sue interpretazioni probabilistiche del sistema quantistico dell’atomo.

Il modello orbitale dell’atomo perdette tutta la sua possibilità di rappresentazione nelle interpretazioni ondulatorie, per venire declassato definitivamente come un’ideale matematico, dall’interpretazione probabilistica imposta dalla Meccanica Quantistica.

Lo strapotere della Meccanica Quantistica eliminò dalla scena tutti gli oppositori, ed oggi si oppone strenuamente ad ogni nuova teoria che esuli dagli schemi che ha ormai istituzionalizzato.

La novità della nuova Teoria sta nel fatto che il nostro modello ondulatorio dell’elettrone introduce nell’atomo di Bohr una nuova visione strettamente fisica delle orbite elettroniche, che ci consente una spiegazione esclusivamente causale dell’emissione della radiazione.

La struttura esclusivamente ondulatoria dell’atomo ci fornisce una nuova spiegazione dell’emissione atomica, ed alla fine, ci regala una facile e inequivocabile comprensione delle ragioni del valore specifico dell’inverso  della costante di struttura fine come numero intero 137 (che diverranno anche più chiare nel prossimo capitolo, con la variabilità della velocità della luce).

Consideriamo l’elettrone in moto nello spazio come descrivibile dal treno d’onde che si muove lungo un tubo orbitale, il cui asse coincide con la direzione del moto dell’elettrone. Lo descriveremo, in un primo approccio, in funzione della lunghezza d’onda non relativistica, delle onde di lunghezza d’onda λ e che lo precedono sulla traiettoria.

Per comprendere più agevolmente il ruolo ondulatorio dell’elettrone nell’atomo è necessario descriverlo, in modo schematico, come un treno d’onde proveniente da una sorgente d’onde che produce due serie di superfici d’onda che si propagano in direzioni opposte nel tubo orbitale in avanti nel senso del suo moto, e indietro lungo la traiettoria già percorsa.

Perché sia possibile la condizione di risonanza delle onde dell’elettrone, sull’orbita attorno al protone, è necessario che le superfici d’onda siano perpendicolari alla traiettoria percorsa.

Quando cerchiamo le possibili condizioni ondulatorie di stazionarietà dell’orbita dell’elettrone, vediamo che queste vengono dettate dalle leggi di risonanza delle onde, che esigono che vi sia un numero intero di superfici d’onda in circolazione sull’orbita chiusa.

 Image063


Figura 63. L’elettrone nel tubo orbitale dell’atomo di idrogeno.

Anche la Meccanica Ondulatoria di de Broglie esige la condizione di risonanza per l’onda associata all’elettrone in orbita.

Ma la differenza tra le due teorie sta nel fatto che l’onda di de Broglie esiste solo a un basso livello d’energia, con una sola onda che occupa l’intera orbita. 

Infatti essa descrive solo l’energia cinetica dell’elettrone in moto sull’orbita, mancando di descrivere le onde di massa dell’elettrone.

Ora noi invece descriveremo fisicamente tutte le onde elementari della sorgente d’onde-elettrone, che ad un livello più alto di energia, e quindi con un maggior numero di superfici d’onda, occupano l’intera orbita.

Alla condizione di risonanza possiamo anche arrivare dalla meccanica classica, come fece Bohr, attraverso l’interpretazione ondulatoria del Principio di Minima Azione, che condiziona il moto nello spazio di un qualsiasi corpo.

E su questo soggetto vale la pena di soffermarci un poco, prima di proseguire alla nuova scoperta della natura ondulatoria dell’atomo.

In un amenissimo libro di divulgazione scientifica, con decise connotazioni mistiche  (La Materia-Spazio-Tempo), gli autori Gilles Cohen-Tannoudji ( a cui recentemente è stato assegnato un Nobel ) e  Michel Spiro illustrano, il Modello Standard della materia, cercando di collegarlo, con ben poco successo, alla concezione relativistica dello spazio-tempo.

Essi lo fanno con una qualche concessione alla logica della Meccanica Quantistica e molte altre concessioni all’idealismo di antico stampo Berckeleiano.

La loro fiducia nelle generalizzazioni matematiche della fisica prequantistica, e nella inevitabilità dello sviluppo successivo nella Meccanica Quantistica, è illimitata, al punto da assicurare il lettore che: 

No, non c’era alternativa, le generalizzazioni prequantistiche portavano inevitabilmente la fisica dell’epoca alla Meccanica Quantistica e alle sue interpretazioni del modello duale…

La generalizzazione della formulazione lagrangiana che ha maggiore importanza dal punto di vista delle particelle è quella che riguarda l’elettromagnetismo.
È infatti possibile dimostrare che le equazioni di Maxwell, che sono le equazioni fondamentali dell’elettromagnetismo, discendono da un Principio di Minima Azione.

Si può scrivere una lagrangiana di Maxwell in funzione del campo elettromagnetico, che è trattato come un sistema dinamico con infiniti gradi di libertà che fa intervenire una “energia cinetica” di propagazione del campo. Questa generalizzazione ha un ruolo di importanza capitale, perché permette di fare astrazione da un mezzo che sarebbe la sede della propagazione delle onde elettromagnetiche o luminose.

In qualche modo, essa segna un ritorno dei fenomeni luminosi che era prevalente prima della scoperta delle equazioni di Maxwell, e che era una concezione corpuscolare: se non esiste un mezzo che fa da supporto alle onde, bisognerà pure che ciò che si propaga sia materiale, dunque eventualmente corpuscolare.

La conclusione è lapalissiana nello spirito positivista, e perfettamente illuminante delle conclusioni possibili in cervelli condizionati a dovere dalla Meccanica Quantistica.

Siccome ciò che si propaga trasmette energia, e noi conosciamo solo le capacità dei corpi “dotati di energia cinetica” di trasmettere energia, siamo costretti ad ammettere che qualsiasi ente che trasmette energia è un corpo”.

Dopodiché viene posto il definitivo coperchio:

Benché le equazioni di Maxwell siano di natura essenzialmente ondulatoria, la loro derivazione a partire da un Principio di Minima Azione conferisce ad esse una possibile interpretazione corpuscolare.

Nonostante il finale apparentemente possibilista, gli Autoridi questa bellissima arrampicata sugli specchi” in cuor loro non nutrono alcun dubbio che la ventilata possibilità di un’interpretazione corpuscolare sia già una certezza acquisita da lungo tempo. 

Ma ancora non sapevano che, persino il Principio di Minima Azione può essere capito meglio nei termini ondulatori della nuova Teoria  Ondulatoria del Campo.

La natura misteriosa del Principio di Minima Azione ha inquietato generazioni di fisici, fino al punto da coinvolgere nella fisica, in un ruolo misterioso, persino il destino.

L’interpretazione corpuscolare lagrangiana sembrava suggerire che la natura perseguisse un fine nell’azione meccanica.

Il Principio di Minima Azione sembra imporre ad un qualsiasi corpo che si muova da un punto ad un altro dello spazio uno strano comportamento economico, che tende a ridurre al minimo il dispendio di un parametro chiamato “azione”.

L’azione  è notoriamente il prodotto di una quantità di moto per una lunghezza:  (Dove la massa “m” per la velocità “v” è la quantità di moto, e la lunghezza  “r” è lo spazio percorso, ed S è l’azione)

S = m v r


Tra tutte le traiettorie possibili, che possono portarlo dal punto di partenza al punto di arrivo, il corpo sembra scegliere la traiettoria che rende minimo “l’integrale dell’azione”, calcolabile per ogni percorso possibile.

Si tratta in effetti dell’integrale di una quantità chiamata “ lagrangiana ”, che è la differenza tra l’energia cinetica del corpo e l’energia potenziale degli eventuali campi di forza, presenti nello spazio che esso attraversa nella sua traiettoria.

Spogliato dalle ipotesi di finalità misteriose, l’azione del principio è rimasta una costatazione pura e semplice del modo di comportarsi della natura.
Lo scienziato non fa altro che prenderne atto e generalizzarlo per utilizzarlo nella previsione o nel calcolo delle traiettorie dei corpi.

Quali siano le cause è tutt’altra cosa.  Per la meccanica classica, relativistica e quantistica, le cause restano semplicemente inspiegabili.

Con il Modello Ondulatorio c’è invece la possibilità di avvicinarsi alle cause, dato che il corpo come tale non è più un ente limitato o addirittura puntuale, ma è diventato una sorgente d’onde ed il suo campo ondulatorio si espande nello spazio tutto intorno a sé.

Col Principio di Minima Azione sembrava potersi associare al corpo in moto, quasi un fine. Sembrava che esso possedesse la conoscenza preventiva di tutto il tragitto da percorrere in qualsiasi punto della sua traiettoria.

Sembrava che il corpo fosse un ente esteso lungo tutto il tragitto, e che lo compisse, tra la partenza e l’arrivo, adattando il proprio moto, in modo che esso risultasse il più breve possibile, compatibilmente con i campi di forza che doveva attraversare.

Quest’ultima apparente assurdità contiene in nuce l’essenza stessa della realtà ondulatoria del corpo.

È vero!
In qualche modo il campo ondulatorio del corpo quale sorgente d’onde “ora” conosce ogni punto del tragitto che ha davanti a sé. Infatti il comportamento e la propagazione delle sue onde, che lo precedono viaggiando alla velocità della luce, viene condizionata dalle geometrie che queste incontrano sul loro cammino.

È vero!
Il comportamento delle onde è certamente funzione della massa di quiete del corpo. Dato che questa determina la loro lunghezza d’onda di quiete.

E’ vero!
Che questo è anche funzione della sua velocità. Dato che la sua velocità condiziona la sua lunghezza d’onda Doppler davanti e dietro all’elettrone.

E pure ha importanza la lunghezza del tragitto che percorre. Perché in esso staranno, o non staranno, un certo numero di lunghezze d’onda, che in funzione di un eventuale stato di risonanza, potranno condizionarne il comportamento futuro.

Così come importanti saranno i campi che attraverseranno le sue onde.
Perché esse saranno deviate dalle geometrie imposte allo spazio da tali campi ed in questa deviazione coinvolgeranno il meccanismo ondulatorio che costituisce la sorgente che le ha prodotte.

Come si vede il Principio di Minima Azione ha un monte di buone ragioni per diventare un principio ondulatorio, invece che corpuscolare.

Bohr, nell’analisi del moto dell’elettrone nell’atomo, partì verificando che secondo la meccanica classica, una massa in moto nello spazio  si comporta in modo da sviluppare la propria traiettoria in funzione del Principio di Minima Azione, per il quale il prodotto della massa del corpo per la velocità assunta e per la lunghezza percorsa, risulta il più piccolo possibile.

In un percorso orbitale chiuso su se stesso
in cui S è la quantità d’azione, si ha:
S = mv2 π ra,

dove ra è il raggio dell’orbita percorsa 2 π ra, ve la velocità dell’elettrone ed me la sua massa di quiete.

 Image064

Figura 64. Modello planetario dell’atomo di Bohr.

Sapendo da Planck che ogni azione è composta da multipli interi di quanti d’azione “h” si trova che l’azione deve essere  S = nh per: n = 1, 2, 3, … e quindi:   

 n h  =  me ve 2 π ra.

 Per interpretare ondulatoriamente la natura dell’elettrone sostituiamo in questa formula la massa dell’elettrone con il suo equivalente ondulatorio:

me = h / λc,

 otteniamo così, dalla condizione di minima azione, la legge di risonanza per le onde elementari che girano sulla prima orbita di raggio ra nell’atomo di idrogeno:

2 π ra = n λe c /ve.

Questa formula descrive la lunghezza dell’orbita percorsa  (2πra) dall’elettrone attorno al protone, dove “n”  è funzione del numero delle superfici d’onda presenti sull’orbita.

Come si vede il numero è un numero puro anche se “per ora” decimale:   

  c / ve = 137,03599976(50)

 dato dal rapporto tra velocità “c” delle onde, e la velocità ve della sorgente d’onda-elettrone, che è necessaria a dotare l’elettrone stesso di una forza centrifuga adatta a contrastare l’attrazione elettrica del protone.

Ma a causa dell’esistenza della condizione di risonanza bisognerebbe imporre che questo rapporto fornisca un “numero intero”.

Sostituendo poi nell’ultima formula la velocità dell’elettrone tratta dalla condizione d’equilibrio di Rutherford, si arriva a ricavare lo stesso valore del raggio dell’atomo di Bohr.

Il significato fisico da dare alla formula, che descrive lo stato di stazionarietà dell’orbita percorsa dall’elettrone ci dice in pratica che: sull’orbita percorsa dall’elettrone circolano, in stato di risonanza, 137,03599976 superfici d’onda di lunghezza d’onda λe

Inoltre ci informa che, per un intero giro compiuto dall’elettrone, le superfici d’onda, che lo precedono lungo la traiettoria viaggiando alla velocità c, compiono  137,03599976 giri.

È tutto qui? Sembrerebbe fin troppo facile; è possibile che questa sia la banale spiegazione del significato della costante di struttura fine.

Sembra proprio che ci siamo vicini, ma questa ancora non è la spiegazione completa. C’è però una considerazione che ci mostra che siamo sulla strada giusta per trovare la vera natura della costante di struttura fine.

 Image065

Figura 65. Le formule dell’atomo ondulatorio mostrano che si può arrivare ad una descrizione quantistica e nello stesso tempo totalmente ondulatoria degli stati energetici occupati dall’elettrone nell’atomo.

Ma la descrizione della sorgente d’onda-elettrone, che abbiamo fatto non è ancora relativistica. Per essere coerenti con i dettami della Relatività, dobbiamo rendere la descrizione ondulatoria completa, descrivendo le lunghezze d’onda Doppler relativistiche dell’elettrone, e poi verifichiamo se il quadro ci guadagna in coerenza.

Quando si applica la Relatività per la legge di risonanza alla nostra sorgente  d’onda-elettrone in moto stabile sull’orbita con la velocità ve si dovrebbe per la condizione di risonanza  verificare che la lunghezza d’onda Doppler relativistica λe1, delle onde che precedono l’elettrone, è più corta di λe.  Questa lunghezza d’onda Doppler dovrebbe stare  138 volte nell’orbita K dell’atomo di Bohr.

Inoltre quando si prendono in considerazione le onde che si propagano sulla stessa orbita, (nello stesso tubo ideale), ma in senso contrario al moto dell’elettrone, si vede che: per la stessa velocità della sorgente d’onde-elettrone, l’effetto Doppler relativistico contrario aumenta la lunghezza d’onda dell’elettrone, che è perciò più lunga di λe e diventa λe2.

Questa lunghezza d’onda, che è più lunga di λe, per la stessa legge di risonanza vista prima dovrebbe stare 136 volte nella stessa orbita di raggio ra.

Sull’orbita di risonanza dovrebbero esistere dunque due treni d’onda che si propagano in direzioni opposte nel tubo orbitale, muovendosi l’uno in senso contrario all’altro sulla stessa orbita.

Quello di lunghezza d’onda più corta la dovrebbe occupare con 138 superfici d’onda, mentre quello di lunghezza d’onda più lunga la dovrebbe occupare con 136 superfici d’onda.

Image066

 Figura 66. Onda dell’elettrone nell’atomo in risonanza.

 Se concediamo ad entrambi i treni d’onde di esistere in condizione di risonanza e di parallelismo sulla stessa orbita assieme alla sorgente d’onde-elettrone potremo vedere un nuovo fenomeno che nel disegno in risonanza è poco distinguibile..

Noi dovremmo poter verificare che i due treni d’onda, che viaggiano l’uno in senso contrario all’altro, avendo due energie solo di pochissimo diverse, si sovrappongono nel tubo orbitale, producendo uno dei fenomeni più caratteristici di sovrapposizione dell’interazione tra onde: “un battimento”.

 Image067

Fig 67. Per effetto della sovrapposizione delle due onde elementari, di lunghezza d’onda di poco diverse, si produce appunto un “battimento”. Ma sotto il battimento c’è un altro fenomeno.
Questo addensamento  delle onde elementari  è molto simile (ma essenzialmente differente nella sua interpretazione) ad un fenomeno  di interferenza tra le onde sinusoidali, chiamato “battimento”.

Spesso verifichiamo l’esistenza di un battimento quando ascoltiamo alla radio una stazione di emissione la cui lunghezza d’onda è molto vicina a quella di un’altra stazione che sta trasmettendo nello stesso momento.

Le due onde vengono captate assieme dall’antenna della radio, e si sovrappongono per tratti l’una all’altra, producendo un fenomeno di interferenza che compone una nuova onda, che noi captiamo come un fischio acuto.

L’addensarsi delle superfici d’onda elementari sull’orbita di risonanza dell’elettrone provoca invece una perturbazione, nell’uniformità dell’energia presente sull’orbita.

E questa si propaga come “una variazione d’onda” lungo il tubo orbitale, che percorre l’orbita nel senso del moto dell’elettrone con la sua stessa velocità.

 Si produce così una nuova onda indipendente, modulata in frequenza, e di lunghezza d’onda pari alla lunghezza dell’orbita di raggio ra.

Tale onda modulata sembra accompagnare l’elettrone nel suo moto orbitale.

 Questa variazione d’onda, che è il prodotto di uno speciale “addensamento” delle superfici d’onda presenti sull’orbita dell’atomo, è simile concettualmente a un battimento delle due onde che si sovrappongono.

Ma questo fenomeno avviene senza una effettiva interferenza tra le onde elementari, e nel suo complesso può essere identificata proprio con l’onda associata da de Broglie all’elettrone nell’atomo di Bohr.

 È la stessa onda che Schrödinger descrive nella Meccanica Ondulatoria come fisicamente reale. 

 E che invece la Meccanica Quantistica considera una funzione matematica della “probabilità” di trovare l’elettrone in un qualche punto dell’atomo, considerandola solo incidentalmente identica alla trattazione matematica di un’onda reale.

Il risultato della media (136 + 138)/2 delle superfici d’onda presenti sull’orbita porterebbe la presenza media delle superfici d’onda a 137.

Tutto sembrerebbe quadrare secondo lo stesso modello con cui la Meccanica Ondulatoria di de Broglie ha fornito l’interpretazione ondulatoria degli stati quantici dell’atomo di Bohr.

Ma il nuovo modello è più completo e mostra una differenza nell’introduzione della lunghezza d’onda delle onde elementari. Il che, tra l’altro, ci permette di spiegare anche la, finora inesplicabile, condizione di doppia energia ondulatoria dell’atomo di Schrödinger.

Questi prevedeva infatti la presenza di due onde di diversa energia sulla stessa orbita, la cui esistenza nel quadro della vecchia Meccanica Ondulatoria era tutt’altro che facilmente comprensibile.

Ora è facile capire la contemporanea esistenza, in condizione di risonanza, delle due onde che si propagano, l’una in senso contrario all’altra lungo il tubo orbitale che ha come asse l’orbita di circolazione dell’elettrone.

Qui inoltre si possono verificare quelle condizioni “fisiche” di sovrapposizione delle onde, che precedentemente avevamo postulato come condizioni formali, dalle quali derivammo, solo in modo matematico, la descrizione ondulatoria di de Broglie dall’ipotesi di sovrapposizione proposta da Claude Elbaz.

Allora le due onde erano solo supposte esistere come onde sovrapponibili “formalmente”. Qui sono invece evidenti le condizioni di reale sovrapposizione fisica dei due sistemi d’onda, che hanno frequenze diverse, ma che esistono contemporaneamente circolando nello stesso “tubo orbitale”.

C’è ancora un’altro mistero che con la visione ondulatoria si chiarisce, e questo si trova proprio nel cuore della Meccanica Quantistica.

L’interpretazione probabilistica che la Meccanica Quantistica fa della funzione d’onda di Schrödinger ψ, dovrebbe servire a stabilire la probabilità di trovare l’elettrone in un qualche luogo intorno al protone. Le perplessità sull’interpretazione probabilistica della funzione  ψ furono espresse chiaramente da Eddington fin dal 1927:

Questa probabilità è affermata proporzionale a ψ 2, invece che a ψ .
L’interpretazione è molto oscura, ma sembra dipendere dal considerare la probabilità dopo che si sa che cosa è avvenuto, o la probabilità a semplice scopo di predizione. Si ottiene ψ2 introducendo due sistemi simmetrici di onde Y viaggianti in direzioni opposte nel tempo, presumibilmente uno di questi deve corrispondere alla deduzione probabile da ciò che si conosce (o si enuncia) esser stata la condizione in un tempo posteriore.

E fino ad oggi il mistero e il dubbio non era mai stato risolto fisicamente, nemmeno nell’ambito della Meccanica Quantistica.

Ma i dubbi sull’interpretazione “fisica” non possono più sussistere ora.  Le due onde esistono veramente e viaggiano “realmente” nello spazio-tempo sull’orbita di risonanza dell’atomo, l’una in senso contrario all’altra.

Anche chi volesse perseverare diabolicamente nell’interpretazione probabilistica, dovrebbe comunque riconoscere che il nuovo modello ondulatorio migliora persino la comprensione della funzione ritardata o anticipata della probabilità.

Ora la spiegazione della costante di struttura fine non è più banale, essa è quasi completa, ma non è ancora del tutto precisa.  Infatti le rilevazioni sperimentali non danno il numero intero 137 necessario a giustificare la condizione ideale di risonanza, ma il numero non intero 137,03599976.

Da qui invece, con la Teoria Ondulatoria del Campo, possiamo arrivare all’interpretazione causale dell’emissione nell’atomo, e quindi ad una spiegazione strettamente ondulatoria e deterministica dell’effetto fotoelettrico.

Ma per poter fare questo dobbiamo prima cercare di capire la differenza tra l’immagine grafica della sorgente d’onde-elettrone in circolazione su di un’orbita di risonanza, e l’immagine della stessa sorgente d’onde in circolazione su di un’orbita qualsiasi, “non risonante”.

image069

Figura 69. Circolazione dell’elettrone in orbita non risonante.

Ci si chiederà se sia ortodosso lasciarsi guidare, anche solo qualitativamente, da una semplice illustrazione geometrica di un esperimento mentale, e certo qualcuno risponderà di no.

Noi opponiamo che il successo che il metodo ci ha concesso finora lo giustifica; inoltre non dobbiamo dimenticare che qui si sta tentando di geometrizzare la fisica, e in questa teoria le uniche entità presupposte sono il tempo e lo spazio, e “la geometria si disegna”.

Dal paragone con la Fig. 66.  La rappresentazione del caso non risonante è talmente suggestiva, ma soprattutto così piena di elementi esplicativi, che la differenza con la rappresentazione grafica della condizione di risonanza salta agli occhi e alla mente in maniera non equivocabile, travolgendo ogni preventiva obiezione.

Nel fenomeno dell’onda “risonante” le condizioni richieste al disegnatore sono:

  • che la velocità delle onde provenienti dall’elettrone sia maggiore della velocità dell’elettrone,
  • che le superfici d’onda si trovino in condizione di parallelismo sull’orbita di risonanza.

Diversamente nella rappresentazione del fenomeno di circolazione dell’elettrone in un’orbita “non risonante” viene solamente richiesta la prima condizione: che la velocità delle onde sia maggiore della velocità della sorgente d’onde.

Il risultato della condizione di non risonanza mostra che l’emissione dell’onda sferica è il prodotto di una “modulazione di frequenza” dell’onda portante elementare dell’elettrone.

E quest’onda modulata si espande come una spirale sferica, del tutto equivalente come forma all’Evolvente Sferica formata dalle onde elementari dell’elettrone.

 La natura è sparagnina, quando trova una forma economica per le sue strutture, non si risparmia di usarne a iosa.  Quest’onda è sferica, ed è l’equivalente dell’emissione di radiazione di un dipolo chiuso su se stesso in un anello. Noi però dobbiamo cercare di capire il meccanismo di emissione di un “singolo” fotone lineare, emesso come un’onda formata dalle variazioni d’onda organizzate in un breve treno d’onde.

Nella spiegazione puramente ondulatoria dell’effetto fotoelettrico troveremo la variazione d’onda che giustifica la sua effettiva esistenza fisica.

Ora siamo arrivati a capire davvero la costante di struttura fine? Sì. Decisamente ora crediamo di aver capito quale meccanismo periodico la natura ha escogitato per dare una struttura ondulatoria stabile all’atomo.

A guardarla in modo freddamente razionale ci sembra proprio che non ci fosse nessuna alternativa possibile per la natura. Con quello che aveva a disposizione non poteva che costruire l’atomo così come l’abbiamo descritto.

La stessa legge di risonanza che ha permesso la costruzione inevitabile dell’Evolvente Sferica, determina le condizioni di stazionarietà dell’elettrone in circolazione attorno al protone sull’orbita più semplice possibile.

Se guardiamo indietro ed analizziamo con spirito incredulo il cammino che abbiamo percorso, a partire dalla struttura quantizzata dello spazio-tempo discreto, può anche sembrarci difficile “convenire” con le ragioni dell’esistenza della particella Evolvente Sferica.

Ma, una volta che abbiamo accettato che accade ciò che è possibile e logico che accada, ogni organizzazione razionale delle strutture possibili dello spazio-tempo discreto ci appare conseguente e inevitabile. La logica con cui analizziamo la coerenza della natura, non è da considerarsi solo e aleatoriamente umana.

Noi con la ragione ci siamo costruiti una logica, derivandola inevitabilmente dalla logica della natura, e la ragione ci dice che “razionale” vuol dire “logico”, quindi conseguente alla logica dell’esistente.

Da qui possiamo partire a rivalutare la “ragione” ed il modo umano di razionalizzare le strutture della natura.

Man mano che si prosegue sulla strada che abbiamo intrapreso ci accorgeremo che saremo costretti a collegare ciascuna nuova struttura con tutte quelle che l’ hanno preceduta, e i collegamenti diverranno sempre più difficili da seguire, perché le varianti possibili si moltiplicheranno in modo esponenziale.

E le varianti produrranno una meravigliosa varietà nelle organizzazioni, che seguiranno una loro logica sempre più complessa, che creerà nuove regole di concatenazione ed accoppiamento, nuove leggi, e nuovi livelli di razionalità.

Ma mai più, in nessun caso d’ora in poi, ci sfuggiranno le basi semplici e logiche della razionalità della natura.  Quando avremo qualche dubbio sulla “nostra” razionalità non ci resterà che verificare un parallelo e un confronto con la razionalità della natura e giudicare di conseguenza.

PROSSIMA PAGINA

Dopo avervi fornito qualche altro articolo, interromperò l’esposizione 

DELLE SCOPERTE DELLA TEORIA ONDULATORIA DEL CAMPO, FINO A CHE NON AVRÒ COSTATATO L’INTERESSE REALE DEI LETTORI.

AL MINIMO DOPO AVER RICEVUTO ALMENO UN MIGLIAIO DI RICHIESTE EMAIL DI CHIARIMENTI DA PARTE DEI LETTORI CHE FINO AD ORA SI SONO DIMOSTRATI DEL TUTTO LATITANTI.

DATO CHE AD OGGI, DOPO PIÙ DI 100.000 VISIONI DEGLI ARTICOLI NON HO RICEVUTO “UNA SOLA” EMAIL AL PROSITO, NEMMENO DI INSULTI.


VOSTRO WALTER E. R. CASSANI