19) La  riscoperta  della  luce

La  riscoperta  della  luce

Fin dall’inizio dell’elaborazione della Teoria avevo pensato che i principali fenomeni dell’ottica classica avrebbero potuto essere spiegati da una nuova visione ondulatoria delle azioni imposte alla luce da parte della materia. La riflessione e la rifrazione avrebbero potuto essere agevolmente incluse negli effetti d’interazione tra la radiazione e la materia in modo conseguente all’ipotesi ondulatoria.

C’era però un terzo fenomeno nell’ottica ondulatoria classica che sembrava opporsi ai modelli della Teoria, che consideravano le perturbazioni dello spazio descrivibili come superfici bidimensionali in propagazione nello spazio.

L’interferenza, così come veniva descritta dall’ottica classica, sembrava risultare una vera e propria confutazione della teoria. La natura della luce, su cui si fonda l’attuale interpretazione dell’interferenza, nega la possibilità di una rappresentazione bidimensionale delle superfici d’onda della luce.

Infatti la descrizione sinusoidale sembra essere possibile solo in uno spazio continuo. Mentre ipotizzando uno spazio discontinuo, è indispensabile considerare la luce come un complesso di elementi di discontinuità nella natura dello spazio–tempo.

I fenomeni classici dell’interferenza, dal punto di vista della teoria, sembravano descrivibili in modo completamente differente dalla comune interpretazione fatta secondo l’ottica classica.

L’interferenza appare un fenomeno composto in cui si sovrappongono l’un l’altra due situazioni sperimentali simili a quelle riscontrabili nella diffrazione della luce da un bordo sottile.

Ricordate l’esperimento di diffrazione del bordo diritto, e l’interpretazione data dalla nuova teoria?

Secondo il nuovo Principio di Minima Azione, la struttura che identifica il fronte d’onda, della perturbazione che chiamiamo luce, si incanala negli elementi geometrici della struttura ondulatoria cilindrica. E questa è costruita complessivamente dalla influenza delle onde sferiche emesse dalla materia che compone il bordo, che seguono i cammini di minima energia.

Il paragone con i tre esperimenti di base, che hanno permesso una nuova interpretazione dell’effetto Compton, sembrava dover escludere una rappre-sentazione sinusoidale della struttura ondulatoria che fosse descrivibile con una funzione discontinua.

Se si vogliono mantenere coerenti le rappresentazioni della Teoria, sembra necessario quindi trovare una spiegazione dell’interferenza in cui non risulti indispensabile la concezione sinusoidale della luce.

Il fenomeno della diffrazione, che ha fornito le basi per l’ipotesi ondulatoria del campo, dimostra che l’azione delle onde sorgenti dal bordo materiale determina la conformazione geometrica della figura osservabile sullo schermo posto alle spalle dell’ostacolo.

I fattori identificabili che influiscono sulle variabili del fenomeno sono due:

  1. la forma delle onde sorgenti dall’ostacolo nelle immediate vicinanze del bordo,
  2. la frequenza delle onde della luce incidente.

C’era però una terza variabile nel fenomeno che non sembrava avere una influenza sui risultati visibili dell’esperimento, ma che invece avrebbe dovuto imporsi per la sua natura ondulatoria: la frequenza delle onde sorgenti dall’ostacolo.

La frequenza delle onde provenienti dall’ostacolo non appare una variabile determinante verificabile. Mentre alla frequenza della luce incidente non risulta applicabile il tipo di concezione ondulatoria bidimensionale che sostiene tutta la Teoria.

Data l’esiguità del suo valore la variabile della lunghezza d’onda proveniente dall’ostacolo sembra risultare irrilevante. Invece la variazione della luce, al modificarsi delle condizioni sperimentali dovrebbe essere sicuramente determinante per la variazione delle figure a bande, osservabili sullo schermo al di là dell’ostacolo.

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Figura 77. La sinusoide come una funzione discontinua.

In che modo allora adeguare la descrizione delle onde, intese come superfici bidimensionali, alle necessità dell’interferenza?

Si tratta di mantenere l’immagine delle superfici bidimensionali, in moto nello spazio, rendendo accessibile alle funzioni sinusoidali il metodo descrittivo discontinuo della quantizzazione.

Applicare quindi la discontinuità per descrivere una sinusoide, utilizzando il modulo lineare L, quale “limite” ad una suddivisione dello spazio in elementi sempre più piccoli.

La giustificazione ondulatoria dell’emissione di luce da parte dell’atomo eccitato contiene la possibilità di considerare la variazione delle onde emesse dall’elettrone per mezzo di una funzione sinusoidale discontinua.

Le particolari condizioni, in cui si trova l’elettrone nello stato di transizione tra un’orbita di risonanza e l’altra, quale sorgente d’onde, producono variazioni. E queste possono essere descritte da un osservatore esterno all’atomo, per mezzo di una funzione discontinua. La variazione della lunghezza d’onda captata dall’osservatore che “vede” l’elettrone in circolazione su orbite non risonanti, può essere descritta come una funzione sinusoidale.

I valori della funzione oscillano ciclicamente sopra e sotto al valore della frequenza fondamentale dell’elettrone in quiete, ma pur variando non sono mai negativi.

La perturbazione così creata si propaga nello spazio come un’onda costituita da una “portante “, che si identifica con l’onda caratteristica dell’elettrone in quiete, e da una “modulante sulla frequenza“, che viene captata dall’osservatore come un’onda a sé stante.

Quando la lunghezza d’onda è dell’ordine dei milionesimi di metro noi osserviamo il risultato come “luce”.

Si può confermare così, che la materia risponde alle “variazioni” d’energia e non all’energia. Così la frequenza della variazione di frequenza della portante, si identifica con la frequenza dell’onda elettromagnetica luminosa.

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Figura 78. Emissione da “variazione” da parte di una particella–sorgente d’onda vista dalla quiete o dal moto a velocità costante, in cui si evidenzia l’equivalenza tra il “moto relativo” dell’osservatore con la particella in quiete e il moto della particella d’onda con  l’osservazione attiva, dalla quiete.

L’onda prodotta dalla modulazione ha una lunghezza d’onda che, nel caso dell’emissione luminosa dell’atomo, risulta pari alla lunghezza dell’orbita non risonante percorsa dall’elettrone in caduta verso il nucleo.

La quantizzazione dello spazio e del tempo permette il passaggio dell’onda da una lunghezza d’onda all’altra “solo” attraverso grandezze incrementali che si susseguono il cui incremento minimo è L.

Un diverso tipo di variazione ondulatoria è da mettere in relazione con quegli impulsi ondulatori conseguenti all’accelerazione violenta di particelle durante le interazioni d’urto. In quel caso ciò che si propaga è un singolo insieme di onde che ha come caratteristica la variazione tipica della lunghezza d’onda della particella–sorgente d’onda, che viene accelerata o decelerata.

La luce diventa infine un’onda sinusoidale anche per la Teoria Ondulatoria del Campo. Ma in più, mediante l’applicazione dei concetti di discontinuità dello spazio, si palesano le variabili nascoste e, per mezzo della valutazione delle perturbazioni dello spazio–tempo di Schild, si giunge alla comprensione della “vera” natura della luce.

Certo molte domande sul modo di agire delle onde nell’atomo devono ancora avere la loro risposta, ma ora conosciamo la strada. Restano da giustificare la trasversalità dell’onda luminosa e la polarizzazione.

Sia per l’una che per l’altra bisogna considerare il modo di propagazione nello spazio della struttura modulare che la teoria identifica con ogni tipo di perturbazione, e quindi applicare alla luce gli stessi criteri.

La maniera tipica di creazione della struttura durante l’espansione sferica del fronte d’onda, mostra come la successione nel tempo, della creazione di nuova superficie di perturbazione, avvenga per incrementi trasversali.

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Figura 79. Nella riflessione ondulatoria la luce penetra nei primi strati dell’elemento riflettente mentre nella riflessione classica l’interazione della luce avviene solo con la superficie. Nel disegno appare la situazione dei primi strati delle particelle che costituiscono la superficie di uno specchio. La politura delle superfici favorisce la costituzione a strati dell’elemento riflettente, risulta quindi paragonabile questo con altri fenomeni di deviazione (riflessione di Bragg e deviazione delle onde materiali da parte di cristalli).

La struttura può assumere delle direzioni preferenziali d’incremento in funzione delle geometrie che attraversa durante la sua propagazione.

Le geometrie si sono instaurate in quello spazio, in epoche precedenti al suo passaggio, ed hanno la possibilità di influenzare, oltre che la sua traiettoria, anche le sue possibilità di espansione incrementale.

Per esempio i cristalli, per mezzo della struttura geometrica rigida prodotta dalle particelle che li compongono, sono in grado di creare una struttura ondulatoria reticolare capace di influenzare tutte le onde che li attraversano, sia per la direzione di propagazione che per la direzione d’incremento.

Così la luce, che già per natura della sua origine possiede una polarizzazione fin da quando era stata emessa, può essere condizionata dalle geometrie imposte dalla struttura regolare dei cristalli. A tal punto da subire deviazioni e rotazioni, specifiche per ogni diversa struttura geometrica del cristallo, nel suo meccanismo di incremento.

Il fenomeno è guidato dalle stesse leggi che risultano determinanti per la diffrazione. Anche la rifrazione e la riflessione sono riconducibili alle stesse forme causali e vengono descritte secondo gli stessi principi. La rifrazione appare secondo la Teoria Ondulatoria del Campo come il risultato macroscopico di un numero elevato di singole diffrazioni.

Ciascuna particella elementare, che compone materialmente il mezzo trasparente alla luce, costringe ogni treno d’onda–fotone ad una certa deviazione dalla traiettoria originale che aveva prima del contatto con la superficie del mezzo rifrangente. Tutte le successive deviazioni del treno d’onde, sono causate dalle onde sferiche sorgenti dalle particelle elementari, che costituiscono il mezzo trasparente.

Per cui la direzione di propagazione nel mezzo, e la successiva direzione presa all’uscita dal mezzo della luce, possono essere dedotte dalle variazioni di percorso del fronte d’onda al di fuori e all’interno del mezzo.

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Figura 80. I treni d’onda–fotoni attraversano il mezzo rifrangente a zig zag, seguendo le curvature delle singole particelle che compongono il mezzo. Si è creduto finora che la velocità della luce in un mezzo materiale fosse minore che nello spazio vuoto di materia. Questa convinzione appariva essere derivata e corroborata dai fatti sperimentalmente accertati che sembravano dimostrare che la velocità della luce era nel mezzo materiale inferiore che nel vuoto.

L’accertamento sperimentale veniva compiuto mediante la comparazione di due raggi paralleli, l’uno che passava attraverso il mezzo e l’altro nello spazio vuoto.

Tra i due raggi quello che arrivava prima doveva risultare chiaramente il più veloce.

Ma questa spiegazione si basava sul fondamentale assunto preventivo che i due raggi percorressero lo stesso cammino.

Tutto l’esperimento si appoggiava sul seguente presupposto: dato che la luce percorre lo spazio vuoto in linea retta, anche durante l’attraversamento di un mezzo materiale la luce si propaga in linea retta.

 L’assunto non era stato condizionato dall’esistenza della relatività, che considera la geodetica quale linea di propagazione naturale per la luce, e lega la capacità di deviazione dei raggi di luce dalla linea retta al valore della massa deviante.

La Teoria Ondulatoria del Campo completa tale capacità, legandola al valore del raggio delle onde sferiche emesse dalla materia elementare.

Essa è quindi in grado di “spiegare” il ritardo del raggio passante nel mezzo materiale, non in termini di velocità diverse, ma mediante l’indicazione che certifica l’esistenza di percorsi diversi, anche se su questi percorsi esiste una variazione della velocità della luce che è funzione della traiettoria, cioè è funzione del raggio della curva percorsa, ( più piccolo il raggio minore la velocità della luce considerata).

Mentre il raggio di luce, che si trova in propagazione nello spazio vuoto, percorre il tragitto in linea retta, il raggio in propagazione nel mezzo viene successivamente deviato, per diffrazione, dai campi di tutte le particelle che incontra sul suo cammino.

Il singolo fotone attraversa il vetro della fig. 80, passando a lato di tutte le sorgenti d’onda che incontra nella propagazione, così da percorrere nel mezzo materiale un tragitto zigzagante.

È evidente che, dato che la velocità e uguale per i due raggi, quello che compie il tragitto più lungo arriva in ritardo.

Le sorgenti d’onda elementari che compongono il mezzo materiale costringono i fotoni che lo attraversano a fare un esercizio di “slalom”.

Il risultato sperimentale “osservabile” può anche essere considerato lo stesso della precedente interpretazione, ma il mutamento dei presupposti ha comple-tamente cambiato l’essenza della spiegazione del fenomeno.

Ciò dovrebbe insegnare agli accaniti assertori delle teorie che considerano gli “osservabili” come la fonte ultima della conoscenza, che un osservabile è tale solo in quanto fa parte di una teoria, a volte molto complessa e qualche volta persino incompleta e frammentaria. Così che esso deve essere ritenuto come un concetto composito e dipendente, che è funzione della teoria che lo sostiene, e non un “oggetto fondamentale” della fisica.

Quindi non esiste alcuna ragione super–partes che permetta o imponga di qualificare gli “osservabili” ad un grado privilegiato nella gerarchia dei concetti della scienza.

Le applicazioni ai fenomeni ottici dell’interpretazione integralmente ondulatoria della luce sono una miriade, ed in futuro potranno essere indagati a fondo e debitamente interpretati in chiave ondulatoria, ma di questi ora cercheremo di interpretare quelli che più profondamente hanno segnato la frontiera concettuale della fisica quantistica.

 

Qui interrompo l’esposizione delle scoperte della Teoria Ondulatoria del Campo, fino a che non avrò costatato l’interesse reale dei lettori.

Al minimo dopo aver ricevuto almeno un migliaio di richieste email di chiarimenti da parte dei lettori che fino ad ora si sono dimostrati del tutto latitanti.

Dato che ad oggi, dopo più di 70.000 visioni degli articoli non ho ricevuto “una sola” email, nemmeno di insulti.

Vostro Walter E. R. Cassani